Gli agenti atmosferici in turco: un unico verbo per tutto!
In maniera figurata, sembra il riassunto di quello che è successo la settimana scorsa in una città della Turchia dove ha nevicato, piovuto, grandinato sempre lo stesso giorno nell’arco di poche ore.. Anche il tempo si sarà confuso..
In italiano per ogni fenomeno atmosferico esiste un verbo mentre in turco il verbo è unico e viene specificato solo il fenomeno.
Il verbo in questione è “yağmak”. Questo verbo si usa sia con gli agenti atmosferici che per rifarsi a tutto ciò che cade dall’alto. Quindi, letteralmente, potrebbe essere definito come “cadere dall’alto”.
Con la “neve” “kar” si ha “kar yağmak” “cadere della neve – nevicare”, con la “pioggia” “yağmur” si ha “yağmur yağmak” “cadere della pioggia – piovere” e con la “grandine” “dolu” si ha “dolu yağmak” “cadere della grandine – grandinare”.
Ma visto che dal cielo o dall’alto possono cadere anche altre cose, in turco si dice anche:
– “gökten (dal cielo) taş yağdı” (dal cielo caddero pietre o meteoriti “gök taşı – pietra del cielo” logico no?),
– “gökten kurbağa yağdı” (dal cielo caddero rane) riferito ad un evento in cui un tornado che aveva inghiottito anche le rane le rilasciò poi da un’altra parte.
– “gökten para yağdı” (dal cielo caddero soldi) utilizzato quando ci si riferisce a qualcosa che non ci si aspetta..
Quando uno e’ molto sfortunato dice: Se dal cielo piovessero (delle) selle (da somaro/asino) neanche una mi cadrebbe in testa. Cioè è talmente sfortunato che non lo vedono degno neanche di essere un somaro..
Il turco: una lingua logica e specifica.
Ormai avrete capito quanto il turco sia una lingua semplice, regolare ma allo stesso tempo è pure logica e specifica.
Proprio così. Infatti, per quanto riguarda l’aspetto logico, nella maggior parte dei casi, vi basta ragionare sul significato della parola e una volta imparata la funzione dei suffissi, sarà sufficiente applicare il suffisso che vi occorre per ottenere il sostantivo, aggettivo o verbo che desiderate.
E’ una lingua semplice sicuramente..ma molto specifica.
Per esempio, basta vedere il tempo passato. In turco ci sono due passati: uno certo/determinato ed uno incerto/indeterminato. Il primo si usa quando parliamo di una situazione che abbiamo vissuto o di cui siamo certi (come i fatti storici), il secondo invece, si usa per gli eventi di cui non abbiamo certezza, che non abbiamo vissuto personalmente e che ci hanno riferito o abbiamo sentito dire. Quest’ultimo in italiano possiamo esprimerlo con “sembra che…”, “si dice che…”.
Un altro esempio a favore della specificità, è il grado di parentela. In turco esiste un nome specifico per ogni individuo della famiglia. Quindi non c’è un unico zio (come invece accade in italiano) che non sappiamo se sia materno o paterno.. Per ognuno di questi esiste un nome preciso ed i turchi non devono stare a spiegare ogni volta di quale grado si tratti. Se diciamo “dayı” si capisce che è lo zio materno, “amca” lo zio paterno. Stessa cosa accade per esempio con: “abla – sorella maggiore”, “teyze – zia materna”, “hala – zia paterna”, “anneanne – nonna materna (formata dalla parola anne=mamma)”, “babaanne – nonna paterna (da anne=mamma, baba=papà)”, “yenge – moglie del fratello”, “görümce – sorella del marito”, “elti – moglie del fratello del marito”..
Certo a prima vista sembra fastidioso imparare questi vocaboli specifici, ma poi, per tutta la vita non si farà più fatica a dover spiegare ogni volta a chi o cosa ci si riferisce e viceversa capiremo al volo di chi o cosa ci sta parlando la persona che abbiamo di fronte.