In questo periodo di vendemmia, non potevo fare a meno di trattare un uso particolare a cui viene destinata una gran parte dell’uva in Turchia.
A differenza dell’Italia, però, non si tratta del vino. Purtroppo, nonostante la Turchia al giorno d’oggi produca molti vini di ottima qualità anche con uve autoctone, non riesce ancora a farsi conoscere molto all’estero poiché, in seguito alle elevatissime tasse, non può competere con i prezzi dei vini di altre nazioni.
La Turchia è al quarto posto nel mondo per le zone destinate alla viticoltura e al sesto per la produzione di uva. Ma di tale uva circa il 23% è destinato ad essere consumato come uva da tavola, il 37% viene essiccato, solo il 3% viene utilizzato per produrre vino e ben il 37% per produrre pekmez (mosto candito o mosto cotto turco), köfter (dolce a base di mosto), pestil (pasta di frutta secca), pelver (pekmez bollito con marmellata di mele cotogne) e salame di noci.
Il “Pekmez” può essere definito come una specie di “mosto candito” o “mosto cotto”. Quest’ultimo in Italia viene prodotto in diverse regioni e poi utilizzato in molti ambiti culinari ma il procedimento per ottenerlo non è proprio lo stesso di quello turco.
Proverbi sull’uva
Nella cucina turca, l’uva ha un ruolo importante fin dai tempi antichi. E proprio per questo motivo, il riferimento all’uva si trova in molti modi di dire, proverbi, canzoni.
Eccone alcuni:
– “Üzüm üzüme baka baka kararır”= letteralmente “L’uva annerisce a furia di guardare altra uva” ma in realtà corrisponde al proverbio italiano “Chi va con lo zoppo impara a zoppicare”.
– “Üzümünü ye de, bağını sorma” = “Mangia l’uva ma non chiederne la provenienza” ovvero “l’importante è quello che ti è arrivato nelle mani, quello che ti è stato donato, non devi sapere per forza la sua provenienza”.
– “Baba bağ bağışlamış, oğlu bir salkım üzümü esirgemiş” = “Il padre donò il vigneto al figlio, ma il figlio gli negò perfino un grappolo d’uva” per spiegare la differenza di generosità tra i genitori ed i figli.
– “Bakarsan bağ olur, bakmazsan dağ olur” = “Se lo coltivi diventa vigneto, se lo trascuri diventa montagna” che corrisponde al proverbio italiano “È l’occhio del padrone che ingrassa l’animale”.
– “Bağa bak üzüm olsun, yemeye yüzün olsun”/ “Bağda izin olsun, üzüm yemeye yüzün olsun”= “Cura il vigneto cosìcchè produca l’uva e tu abbia il diritto di mangiarla” cioè “Bisogna meritarsi ciò che si chiede”.
Origini del pekmez – il mosto cotto turco
Prima ancora dello zucchero, i turchi usavano, oltre al miele, questa specie di mosto cotto, il “pekmez” sia come dolcificante sia per poter disporre dell’uva per un periodo più lungo.
Il luogo di origine del pekmez è certamente l’Anatolia dove i ritrovamenti archeologici ci portano a collegare la coltivazione della vite al neolitico. Gli antichi turchi, inoltre, già quando vivevano in Asia centrale, si occupavano delle vigne e dei prodotti derivanti dall’uva, compreso il vino.
A seconda delle diverse regioni, vi sono varianti del pekmez, che prevedono l’aggiunta di altri prodotti come miele, latte, albumi, saponaria e di conseguenza, talvolta assume anche nomi diversi.
Il mosto cotto turco, il pekmez, viene prodotto non solo dall’uva bianca (ak) o nera (kara), anche se rimane il frutto preferito per questo uso, ma anche da molti altri tipi di frutta ad elevato contenuto zuccherino tra cui more di gelso (dut), carrube (keçiboynuzu – letteralmente “corna di capra”), ginepro (andıç), barbabietola da zucchero (şeker pancarı), fichi (incir).
Benefici del pekmez
Grazie agli zuccheri semplici (glucosio e fruttosio) presenti, il pekmez è una ottima fonte di energia utilizzabile immediatamente dal corpo umano. Infatti, oltre ad influenzare positivamente il fisico ed il sistema nervoso, la presenza elevata di ferro facilmente assimilabile, fa in modo che grazie ad esso venga colmata la maggior parte della razione giornaliera di ferro di cui necessitiamo. Stessa cosa vale per la presenza di potassio, magnesio, calcio e cromo. Inoltre, è una ricca fonte di vitamine B1 e B2 e ha effetti benefici anche sul sistema cardiocircolatorio, sullo stomaco, sull’intestino e sui reni.
È consumato moltissimo anche perché aiuta a prevenire il raffreddore e fa bene alle vie respiratorie. Proprio grazie ad un’elevata presenza di tiamina, riboflavina e ferro, sembra che possa essere pure migliore del miele.
Come si fa il mosto cotto turco?
Il metodo tradizionale per ottenere questo prezioso prodotto prevede una prima spremitura “sıkma” dell’uva fresca da cui si ottiene il mosto “şıra”. Quindi si aggiunge una specie di “marna” chiamata letteralmente “terra/terriccio del pekmez” “pekmez toprağı”. Questa “terra” composta soprattutto da carbonato di calcio, viene aggiunta per eliminare l’astringenza data dai tannini, quindi il “gusto acido” e per chiarificare il mosto. Questo processo viene chiamato “taglio”- “kestirme”.
Dopo aver mescolato si lascia decantare per almeno un’ora, si raccoglie il liquido dalla superficie tralasciando ciò che si è depositato sul fondo. Quindi, si mette sul fuoco il liquido per una prima bollitura e poi lo si lascia riposare per almeno una notte. A questo punto, si filtra (filtrare=süzmek), si rimette sul fuoco e si fa bollire fino ad avere una riduzione del mosto ad 1/3 rispetto alla quantità di partenza.
Gli usi del pekmez
Oltre ad essere consumato come sciroppo, viene utilizzato per ottenere molti dolci, come dolcificante naturale, ad esempio nel “helva”, “kofter” o in molte marmellate; mescolato alla crema di sesamo “tahin”; aggiunto allo yogurt bianco.
Giungere ad un villaggio in Turchia dove l’ospitalità è uno degli elementi più importanti ed assistere alla produzione di questo prezioso prodotto da parte dei contadini che continuano ancora a produrlo come una volta, a volte in grandi paioli di rame, con così grande passione, è una cosa unica da non lasciarsi sfuggire.